Ven. Nov 1st, 2024

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di Monica Guerzoni

«Se si mettono in discussione gli impegni assunti viene meno il patto che tiene in piedi la maggioranza», avrebbe detto il premier dopo l’incontro-scontro con Conte, che lo ha spinto a salire al Quirinale. Renzi: «Draghi è uno statista, Conte un populista»

Se si mettono in discussione gli impegni assunti viene meno il patto che tiene in piedi la maggioranza». Così Mario Draghi dopo l’incontro con Giuseppe Conte sull’aumento delle spese per la Difesa, finito così male che il premier ha ritenuto necessario salire al Quirinale e riferire a caldo, a Sergio Mattarella, quanto a rischio sia il destino del governo in un momento tragico per l’intero Occidente. Si è aperta la crisi? A sentire Conte, apparso alle nove e mezzo della sera sugli schermi di
DiMartedì
, «il M5S non ha mai parlato di crisi di governo» e non vuole mettere in difficoltà Draghi davanti agli Usa e alla Ue. Perché allora il premier è salito al Colle? Perché, a sentire Conte, «ha il diritto di informare il presidente della Repubblica». Insomma, in diretta su La7 il leader del Movimento ha buttato acqua sull’incendio da lui provocato.

Se il premier ha deciso improvvisamente di recarsi al Colle poche ore dopo il rientro da Napoli, dove era andato a siglare il patto per ripianare il bilancio della città, è perché Conte tiene il punto e ripete che l’Italia «ha altre priorità». Per Draghi invece il nostro Paese deve continuare a onorare i patti siglati nel 2014 in sede Nato, a maggior ragione con una guerra sanguinosa alle porte dell’Europa. «Il governo intende rispettare e ribadire con decisione gli impegni Nato sull’aumento delle spese militari al 2% del Pil», ha detto Draghi a Conte, il quale insisteva nel chiedergli di allungare i tempi fino al 2028, o persino al 2030. Cioè sei anni in più rispetto alla dead line del 2024.

Oggi mercoledì il decreto Ucraina arriva in Aula al Senato e l’interrogativo che scuote la maggioranza è cosa faranno i 5 Stelle, se e quando Draghi porrà la fiducia. Conte chiederà ai suoi di votarla, o si metterà fuori dal governo? «Noi lo voteremo. Non vogliamo aprire una crisi perché noi siamo il partito di maggioranza relativa», assicura il presidente del M5S, che però rivendica «il diritto di essere ascoltati».

A spaccare l’alleanza è stato un emendamento presentato da Fratelli d’Italia nelle commissioni Esteri e Difesa di Palazzo Madama, che ricalca quello votato giorni fa alla Camera anche dai 5 Stelle. Poi Conte ci ha ripensato, ha maturato la convinzione che il caro bollette venga prima degli impegni internazionali e ha ingaggiato il braccio di ferro. A nulla è valsa la mediazione del Pd e assai poco ha potuto, nonostante l’impegno, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. Il vertice di due giorni fa con i capigruppo è andato a vuoto e la decisione del governo di accogliere l’ordine del giorno di FdI, senza che il M5S avesse la possibilità di bocciarlo in commissione, ha fatto saltare i nervi a Conte.

La giornata di Draghi era iniziata a Napoli, dove il premier ha firmato con il sindaco Gaetano Manfredi l’impegno che destina al Comune un miliardo e 231 milioni di euro in vent’anni per risanare i conti. Il Patto per Napoli, ha detto Draghi ricordando che il Pnrr destina al Sud il 40% delle sue risorse, «coincide con il programma di investimenti più significativo nella storia recente del Mezzogiorno». Poi una visita al rione Sanità, dove Draghi si è commosso incontrando i piccoli profughi dell’Ucraina ospitati dal parroco di Santa Maria, don Antonio Loffredo. I momenti di tensione tra la polizia e qualche decina di manifestanti (disoccupati e pacifisti antagonisti) non hanno guastato la visita, finita con una pizza assieme a Manfredi e al presidente della Regione, Vincenzo De Luca.

29 marzo 2022 (modifica il 29 marzo 2022 | 23:42)

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