Ven. Mag 3rd, 2024

[ad_1]

Nel mondo, una persona su dieci presenta problemi legati alla malattia renale cronica. E in Italia circa 4,5 milioni di persone deve fare i conti con patologie di grado medio o avanzato di questi organi, che non sono solamente le “lavatrici” del sangue, visto che lo depurano eliminando i prodotti di scarto con le urine, ma appaiono fondamentali anche per l’intero benessere dell’organismo, contribuendo a controllare la pressione arteriosa e agendo come “regolatori” di diverse funzioni. La scienza dice che, insieme a cuore e cervello, sono i cosiddetti organi “nobili” del corpo umano.

Ma li consideriamo davvero tale o ce ne dimentichiamo? Facciamo attenzione ai pochi segnali d’allarme che inviano e soprattutto li controlliamo regolarmente? Probabilmente non siamo così attenti al benessere renale, come dimostrano i risultati di un’indagine condotta da Astra Ricerche per la Società Italiana di Nefrologia (SIN), resa nota in concomitanza della Giornata Mondiale dei Reni del 10 marzo. Diverse le iniziative di sensibilizzazione in programma, a cura della stessa Sin e della Fondazione Italiana Rene (FIR).

La malattia renale cronica e Covid-19

Col tempo, i reni possono funzionare sempre meno. Negli ultimi tempi, poi, questi fenomeni diventano sempre più frequenti sia per il progressivo invecchiamento della popolazione (ovviamente anche questi organi risentono dell’età che avanza), sia anche per il cambiamento climatico, che favorisce fenomeni di disidratazione se non si beve abbastanza con impatto anche sui reni.

A fronte di questa situazione, sette italiani su dieci non hanno mai fatto visite specialistiche per il controllo dei reni e solo il 12.3% le ha fatte negli ultimi tre anni. A dirlo è l’indagine “Bridge the knowledge gap” Ricerche per la Società Italiana di Nefrologia su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta. Un italiano su due ammette di non sapere chi sia lo specialista dei reni (46.0%) e, tra coloro che pensano di conoscerlo, uno su cinque risponde erroneamente “urologo” (21.9%). Solo una persona su sette (13.4%) pensa di sapere cos’è la malattia renale cronica, mentre poco meno della metà della popolazione (48.8%) ammette di averla solo sentita nominare, ma di non sapere cos’è (il 38.2% non l’ha proprio sentita nominare).

“Questo dato – spiega Piergiorgio Messa, Presidente SIN, già Direttore di Unità Operativa Complessa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale – Policlinico di Milano e Professore Ordinario di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano – è in linea con quello del ritardo diagnostico che si registra per la malattia renale cronica, per cui è evidente che ci si preoccupa della salute dei reni non in un’ottica di prevenzione o di intervento precoce, ma quando ormai la malattia è in uno stadio avanzato tale da richiedere la dialisi o il trapianto. Le malattie renali danno raramente segnali chiari e riconoscibili, e per questo vengono spesso scoperte per caso, in fase ormai avanzata, in occasione di esami svolti per altri motivi”.

Un livello di consapevolezza inversamente proporzionale ai numeri della malattia renale cronica. Se si parla di familiarità con le malattie renali, infatti, il 21% del campione sostiene di avere avuto o avere attualmente una malattia renale, mentre ben il 42.3% afferma che è capitato a uno o più parenti. Attualmente il 4.4% degli intervistati dichiara di avere una malattia ai reni, e uno su dieci (9.2%) afferma che la malattia ai reni colpisce i propri parenti.

“Ci aspettiamo – fa sapere Messa – un’ulteriore impennata delle diagnosi di malattia renale cronica nei prossimi mesi quale effetto rebound dello stop che hanno subito le visite specialistiche”. Va detto, per correttezza, che grazie ai vaccini la morbilità e la mortalità da Covid-19 si siano ridotte anche nei pazienti con malattie renali. Si tratta infatti di pazienti fragili nei quali la malattia da Sars-CoV-2 era stata associata ad una mortalità 8-10 volte superiore a quella media della popolazione italiana.  Ma ora non bisogna proprio abbassare la guardia.

Come scoprire se i reni non funzionano bene

Se non esistono particolari patologie, nella persona sana, due semplici esami, la misurazione della creatinina del sangue e la microalbuminuria (cioè la presenza di piccole quantità di albumina nelle urine) consentono di individuare i soggetti che stanno sviluppando problemi. Ovviamente oltre a questi test è sempre fondamentale tenere sotto controllo la pressione arteriosa.

Tra i test di screening il medico può indicare anche la clearance della creatinina: si esegue con un esame del sangue per determinare il valore della creatinina (un prodotto di rifiuto dell’attività dei muscoli), abbinato a un esame delle urine prodotte in 24 ore. Se c’è il sospetto di un danno renale, questo test permette di misurare la velocità con cui i reni eliminano la creatinina.

Questo parametro è oggi considerato molto affidabile per avere dati sul funzionamento dei reni. Se questi esami sono fondamentali per lo screening, altre indagini consentono di riconoscere con maggior precisione un’eventuale sofferenza renale. Rimanendo nell’ambito degli esami del sangue, conviene sottoporsi regolarmente ad una valutazione dell’azotemia e della creatininemia. Se i loro valori salgono si può sospettare che i reni non riescano a svolgere bene la loro funzione, che è quella di filtrare, depurare e smaltire la grande quantità di tossine che ogni giorno il nostro corpo produce. E che, attraverso le urine “filtrate” da queste “lavatrici” naturali del sangue vengono eliminate all’esterno.

Più specificamente, l’azoto, come del resto l’urea, altro parametro significativo, deriva dalla “distruzione” degli aminoacidi, i componenti naturali delle proteine. La creatinina è invece un composto organico presente nei muscoli dei mammiferi, quindi anche dell’uomo. Questi due parametri sono estremamente sensibili ed un loro incremento indica la sofferenza del rene, legata ad esempio a un’infezione o a una leggera insufficienza renale. Tuttavia in molti casi la sola valutazione della creatinina nel sangue non basta ed occorre eseguire la “clearance” della creatinina.



[ad_2]

Source link